Il primo luglio prende il via la stagione sportiva 2024/2025, quella che metterà in palio il 41esimo scudetto del futsal italiano. Ci sono personaggi che vivono questo mondo da tantissimi anni e sentono che il calcio a 5 è un po’ una seconda pelle, una vita aggiunta. Tra questi c’è Daniele Sau, il quale, anche se più volte aveva dichiarato di essere saturo delle vicende di questo mondo, con la fusione realizzata tra Saints Pagnano e Milano sembra aver ritrovato quell’entusiasmo che ha caratterizzato gli anni d’oro del suo Milano, quelli che hanno visto i meneghini conquistare la promozione in Serie A raggiungendo anche la finale della Coppa Italia di A2, dove ha dovuto soccombere al cospetto di Feldi Eboli e Italservice Pesaro che da li a qualche anno avrebbero scritto i rispettivi nomi sull’albo d’oro della serie regina della nostra disciplina.
Daniele Sau ha vissuto da dentro il quarto di secolo che ha portato l'Italia ai vertici mondiali e che adesso vede il nostro calcio a 5 arrancare. Chi meglio di lui, ragionando con obiettività, può dire qual è la ricetta ideale per rilanciare il nostro futsal? Partendo però da un’articolata disamina dell’attuale sistema-futsal, senza peli sulla lingua.
“Prima da giocatore, poi da allenatore, sono da 32 anni nel futsal nazionale. Ho visto tante di quelle società, presidenti, fare proclami incredibili, per poi abbandonare qualche anno dopo, che potrei scrivere un libro di 300 pagine. Consiglio a tutti di andarci piano col fare certe dichiarazioni, perché sono la rovina del nostro sport”.
Sau entra dritto nel tema.
“Inutile lamentarsi delle amministrazioni locali: quando il Milano andò in Serie A, abbiamo chiesto al comune una struttura dove poter giocare, a pagamento ovviamente, e ci hanno proposto impianti all’aperto in erba sintetica, o palestre di scuole con campi da 30 metri e senza neppure una sedia, non una tribuna, affermando “ma perché a calcetto non si gioca in questi posti?”. Inutile lamentarsi della Divisione che non valorizza questo sport: sappiamo che tranne chi lo frequenta non è conosciuto da altri. Oppure dei costi troppo alti dei formati, che si possono contenere… basta abbassare gli ingaggi. Ma la cosa più ridicola - rileva Sau - è quella di parlare di professionismo: evidentemente non si conoscono i costi che le aziende sostengono per i dipendenti oltre lo stipendio netto, e dimenticano che le prime voci che compongono i ricavi delle società sportive sono plusvalenze, sponsorizzazioni, entrate da palazzetto, diritti d’immagine, marketing. Di queste voci, nel futsal è presente solo la ‘sponsorizzazione’, mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse da dove arriverebbero le risorse, ovviamente senza dire che devono arrivare attraverso contributi statali. L’Italia ha così tanti problemi, lasciamo perdere queste sciocchezze”.
La ricetta di Daniele Sau per un futsal sostenibile non prevede stravolgimenti epocali: gli strumenti sono alla portata delle società.
“Come è noto, la mia posizione è a favore della riforma Bergamini. Lascerei il format attuale ‘4-3-2-1’ anche per i prossimi anni e se giocatori formati chiedono rimborsi oltre il loro valore basta non darglieli e avere la pazienza di far crescere i giovani. Se poi questo significa perdere competitività, per qualche anno bisognerà correre il rischio, perchè poi ci saranno buonissime possibilità che questo sport possa andare avanti negli anni a venire, con le stesse società. Mi fa piacere, ma lascia anche un po’ perplessi, che il Milano C5, una realtà fatta da un gruppo di amici, sia forse la matricola più vecchia d’Italia in fatto di campionati nazionali. Ecco, questo dovrebbe veramente far riflettere”.
Foto: Marco Dughetti
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