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29/06/2022 00:06

Il 'no' dell'Italservice alla Champions: la risposta diretta a una riforma che non aiuta il futsal

C’è ben poco da restare perplessi, cercando di trovare un perchè alla clamorosa decisione del presidente dell’Italservice Pesaro, Lorenzo Pizza, di comunicare all’UEFA la mancata partecipazione della sua squadra tre volte campione d’Italia alla prossima Champions del futsal. Ed è più che mai ipocrita lo sbigottimento di chi ancora vuole provare a dare una motivazione di facciata per sviare dalla vera spiegazione di quello che è successo oggi: la riforma ha mandato in frantumi la competitività di una squadra che da quattro anni domina il nostro futsal, rimasta vittima di una regolamentazione che ne ha infranto la compattezza finendo per vanificare quelle speranze che legittimamente si nutrivano sulla possibilità di poter arrivare finalmente in fondo alla più importante competizione europea per club dopo due tentativi falliti.


Perché restare meravigliati di un gesto che è la risposta più evidente del malcontento che la riforma ha generato e del quale l’Italservice è oggi la parte emersa, quella che grazie proprio al gesto di rinunciare alla Champions ha creato il clamore? Tutto il resto, badate, sta covando sotto la superficie, tutti i problemi che la riforma sta creando stanno serpeggiando ovunque e le lamentele si levano da ogni angolo d'Italia.


Ci sono società che stanno dichiarando la loro impossibilità a continuare l’attività a causa della carenza di materia prima, quei giocatori italiani che secondo i promotori della riforma dovrebbero spuntare al semplice schioccar delle dita e competere a ogni livello. Ci sono decine di società che lamentano il "gioco al rialzo" dei giocatori italiani e formati, che stanno cercando giustamente di cogliere l'occasione professionale, beneficiari diretti dei risvolti economici di questa riforma che sta presentando conti salati a chiunque e che, paradossalmente, erano stati largamente previsti. Ma ci sono anche tante società che hanno deciso di non affrontare spese folli nella speranza che, col passare del tempo, le richieste fuori luogo (ma evidentemente sensate) di quella fascia di giocatori baciati in fronte dalla riforma, si calmierassero.


La verità, che tutti hanno paura di rivelare, è che la riforma sta depotenziando vistosamente le società impegnate nei campionati apicali nazionali. I pochi giocatori italiani e formati che hanno dimostrato di poter ambire a giocare ai massimi livelli si sono praticamente tutti accasati e adesso le società, per effetto della carenza di risorse umane competitive, per poter completare i propri roster stanno provando a pescare i pezzi occorrenti nelle categorie inferiori, con il risultato di un inevitabile abbassamento del livello qualitativo del gioco e, chiaramente, di una tendenza al ribasso del valore delle stesse rose, costrette a sostituire i giocatori “non formati” riconosciuti oggettivamente di maggior qualità (e sfidiamo chiunque a provare a dire il contrario!) con elementi ovviamente non ancora in grado di poter disputare i già più importanti campionati nazionali, ossia quelli di Serie A e A2.


Perché scandalizzarsi della verità? Perché continuare a credere che la riforma possa essere la panacea dei problemi della nostra disciplina. Questa riforma non lo è! Lo sarebbe potuto essere solo se il tutto fosse nato dal coinvolgimento collegiale delle società del settore maschile nazionale, cosa che non è accaduta tanto che i rappresentanti delle società di Serie A sono stati portati a conoscenza dalla governance del parto delle nuove regole solo alcuni giorni prima che esse venissero processate e con i giochi praticamente fatti. Quando sarebbe bastato, individuate le criticità, confrontarsi con la base e avviare un percorso che, diluito nel tempo, avrebbe permesso di comprendere meglio gli aspetti negativi e indirizzare gli interventi correttivi con la dovuta gradualità.


Si dirà: e quelle società che invece non verranno colpite dalla riforma? Per carità, ce ne sono parecchie, tutte abituate storicamente a lavorare sui giocatori indigeni, favorite da bacini di approvvigionamento sufficienti per pianificare i ricambi anche generazionali, ai quali in molti casi si assisterà nelle prossime settimane anche per effetto dei contenuti delle nuove disposizioni. Ma il grosso dei club è stato toccato in profondità dalle nuove regole, parliamo di quelle società che devono confrontarsi con carenze demografiche importanti, talvolta rappresentanti di centri dove il reperimento di giocatori, soprattutto giovani, è ostacolato in particolare dalla presenza di altre realtà sportive che sottraggono il materiale umano rendendo complicato, se non impossibile, il lavoro di foraggiamento della base.


Calcio a 5 Anteprima aveva sottoposto un decalogo di richieste di spiegazioni al presidente Bergamini sugli effetti della riforma e come avrebbe potuto impattare sulla nostra disciplina. Dieci punti (LEGGI QUI) ai quali non ha mai ricevuto risposta. Una richiesta di trasparenza sulla quale si è preferito sorvolare piuttosto di partecipare e diventare parte attiva di un dibattito che avrebbe sicuramente promosso un dialogo costruttivo e in grado di suggerire quelle correzioni che ancora oggi servono per poter auspicare un futsal di vertice, capace di regalare quella spettacolarità che con questa riforma la nostra disciplina perderà, svuotata dei suoi grandi protagonisti ai quali sono stati favorite pedine di qualità inferiore, prodotte da una cultura del futsal ben lungi da quella dei paesi dai quali abbiamo importato le stelle che sono brillate sui parquet italiani nell’ultimo ventennio e hanno permesso alla nostra Nazionale di arrivare due volte sul tetto d’Europa e tre volte sul podio mondiale.


Qualcuno ha scritto che chi contesta la riforma sta polemizzando in maniera strumentale non comprendendo che essa può rilanciare la nostra disciplina: ma come si fa a dire una amenità del genere quando il taglio netto dei giocatori non formati, da sempre il volano del nostro futsal in termini di valore, farà crollare il livello di competitività dei principali campionati. Stanno raccontando favole sapendo bene che senza progetti sostenibili intervenire sulle regole del gioco non serve assolutamente a nulla, se non a impoverire la disciplina minando in maniera determinante la credibilità di un prodotto che perdendo di spettacolarità non può essere considerato appetibile e competitivo.


Sosterremo le iniziative di Kakà e Pozzi a tutti i livelli giudicanti, convinti che tutto ciò che questa riforma ha già alterato possa venire ristabilito e che se il futsal deve essere riformato questo venga fatto con il giusto criterio e i giusti tempi, affinché le società possano organizzarsi e indirizzarsi verso i nuovi concetti da introdurre, portatori sani di parità di diritti e di opportunità sportive. Al CONI siamo sicuri che verranno comprese le motivazioni dei ricorrenti, e che si facciano riscrivere le regole nel rispetto delle direttive alle quali da oltre 15 anni le discipline nazionali fanno riferimento. Viva il futsal di tutti!


cas.