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09/11/2023 10:15

L'Italfutsal sfrutta al massimo la riforma? Ma le cose stanno veramente così? I numeri dicono altro

“L’Italfutsal sfrutta al massimo la riforma: 47 i formati convocati nell’era Bellarte”.


E’ questo il titolo dell’articolo che campeggia, con tanto di maxi foto (l’esultanza di Ugherani e Cutrupi dopo la vittoria sulla Repubblica Ceca nella convulsa recente sfida del PalaErcole di Policoro valida per le qualificazioni mondiali), nell’homepage del sito della Divisione Calcio a 5. Un articolo che ci ha incuriosito e che abbiamo letto imbattendoci in tanti di quei vocaboli ovvi che inneggiano a quella che Calcio a 5 Anteprima, e non solo, considera come l’iniziativa che più di ogni altra ha determinato l’impoverimento - e tuttora sta producendo questo effetto - del futsal italiano. 


Una lode propagandistica a quel fenomeno forzato che doveva innescare un rinnovamento generazionale complessivo del nostro futsal e che invece, oltre le immancabili speranze, non ha prodotto alcun tipo di risultato concreto. Perchè la riforma questo (non) ha fatto. Tra il 15 febbraio del 2022, data in cui è stata votata la delibera che l’ha istituita pubblicata sul comunicato n.772, ad oggi, con la proiezione rivolta al primo luglio del 2024, giorno in cui con l’inizio della prossima stagione sportiva si compirà definitivamente l’iter riformistico, risulteranno tagliati quattro dei sette giocatori “non formati” che rappresentavano la quota di giocatori in regola con le disposizioni dettate dalla circolare CONI n.1276 del 2004; ossia saranno stati bannati dalle scene del 40x20 quasi il 60% degli atleti in grado di elevare alla massima potenza la qualità del futsal italiano. Questo riferendoci alla sola Serie A, senza dimenticare che nelle categorie nazionali inferiori il colpo inferto è già stato definitivamente incassato dai club, anche se parliamo di numeri leggermente inferiori.


UNA SVOLTA SBAGLIATA - Una riforma che da subito ha dimostrato con i fatti di non essere in grado di compensare nell’immediato la richiesta di giocatori “formati” indispensabili per equilibrare il livello di competitività dei campionati nazionali antecedenti il primo luglio 2022, finendo per creare un vuoto nell’approvvigionamento del gran numero di calciatori di qualità che avrebbero dovuto colmare le tante caselle lasciate vacanti dalla spugna riformistica. Va detto che molte società, specialmente nelle serie minori, hanno attutito l’impatto con la riforma avendo già preferito progetti tecnici più rivolti all’utilizzo di giocatori del territorio di pertinenza che di oriundi o stranieri, ma è palese che i tagli della riforma hanno creato non solo problemi di ricambio qualitativo ma anche un incremento dei costi di gestione, andati in tutt’altra direzione rispetto ai più contenuti obiettivi economici che la riforma avrebbe dovuto permettere di realizzare scegliendo di privilegiare i “formati”.


In un contesto simile, chiediamo all’illuminato collega che ha redatto quel pezzo, laddove si è inevitabilmente, e per ovvie ragioni, prodotto il ripopolamento delle squadre partecipanti ai campionati nazionali di elementi indigeni ma a livelli tutt’altro che in linea con gli standard qualitativi precedenti la riforma, come ci si può esaltare davanti ai 47 giocatori “formati” che fanno parte dell’elenco dei 65 atleti convocati da Bellarte nella sua funzione da commissario tecnico della Nazionale? 47 di 65 giocatori, badate, convocati, ossia che il Ct ha chiamato per le varie selezioni che, nel corso del suo mandato, rinnovatogli dopo i fallimentari Europei olandesi dello scorso anno (che sono poi stati la “causa giustificatrice” della svolta voluta da viale Tiziano), gli hanno permesso di arrivare ad ottenere la lista di effettivi utilizzata adesso nell’Elite Round verso Uzbekistan 2024: e per ben 44, si specifica, si è trattato della prima convocazione. 


I NOSTRI NUMERI DICONO ALTRO - Meravigliano questi numeri? Assolutamente no. Premettiamo una cosa: per noi Bellarte dovrebbe concedere una opportunità a tutti i 128 giocatori “formati” che compongono le liste dei 16 club di Serie A, così come a tutti i 234 delle 26 società di A2 Elite. Perchè i papabili azzurri tra cui scegliere sono standardizzati in 362 unità e quei 47 “formati” citati nell’articolo rappresentano solamente il 13% della forza giocatori che compone le squadre impegnate nei campionati di A e A2 Elite che costituiscono il serbatoio delle scelte del Ct. Ma sappiamo bene che non può essere così: ovviamente Bellarte è chiamato a selezionare coloro che ritiene i giocatori funzionali alle sue necessità. 

 

I numeri, letti al contrario, dicono però ben altro e rifletterci è obbligatorio, perchè c’è un particolare che il solerte collega ha trascurato e che rappresenta il nocciolo della questione. Badate, abbiamo parlato di convocati. Ma quali sono gli effettivi minutaggi che i giocatori entrati nelle liste di gara hanno poi effettivamente avuto in campo? Quanto hanno inciso concretamente, prendendo come riferimento proprio le ultime partite disputate sin qui nell’Elite Round, i tanto osannati “formati” nell’acquisizione dei risultati della Nazionale maggiore ancora in corsa addirittura per vincere il loro girone? 


Prendiamo come riferimento una partita decisiva per le sorti azzurre verso i Mondiali del prossimo anno, quella ultimamente giocata a Plzen contro la Repubblica Ceca e pareggiata 3-3 per il rotto della cuffia: il Ct ha fatto ricorso a ben 5 giocatori “non formati” (Merlim, Motta, Marcelinho, Cainan De Matos e Calderolli: era stato così anche per quella con i cechi giocata a Policoro), dei quali tre su cinque tenuti in campo senza soluzione di continuità, con Bellobuono in porta e Musumeci a completare il quintetto più gettonato delle rotazioni. Nelle quali ha avuto dovutamente, e giustamente, spazio Isgrò (che per noi resta l’unico esponente della cosiddetta “new generation” capace di impattare significativamente tanto nel massimo campionato quanto in azzurro), con i vari Donin, Cutrupi, Etzi, Ugherani, Fortini e Lo Cicero, ma ci aggiungiamo anche Galletto, Cutrignelli e Pazetti in formazione nella doppia sfida con la Repubblica Ceca, a costituire un’alternativa tra i quattro di movimento ma con termini di utilizzo effettivo di molto inferiori.


Cosa vuol dire questo? Che Bellarte, nel momento della necessità legata al peso del risultato, si è affidato al blocco dei “non formati” per avere le dovute garanzie di rendimento, con qualche eccezione a livello di minutaggio (leggi, appunto, Isgrò), utilizzando il resto dei giocatori per consentire ai “non formati” impiegati per il maggior arco del tempo di respirare. E questo aspetto ha una ulteriore chiave di lettura nel contributo realizzativo offerto nelle tre delle quattro partite sin qui giocate in cui gli azzurri sono andati a segno: doppietta di Merlim nel 3-1 alla Slovenia (sul tabellino anche Cutrupi), tripletta di Calderolli e doppietta di Motta nel 6-5 di gara-1 con i cechi (tra i marcatori anche Isgrò) e, per finire, doppietta di Marcelinho e gol di Motta nel 3-3 di Plzen. Dei 12 gol realizzati finora 10 portano la firma di giocatori “non formati” (ossia l’83%), e di questi 10 la metà sono stati segnati da giocatori che non militano in Serie A, bensì nella Liga Placard portoghese (Merlim) e nella Primera Division della Liga spagnola (Motta). E a completamento del nostro ragionamento aggiungiamo che il terzo dei cinque “non formati” utilizzati abitualmente dal Ct, ossia Cainan, gioca nella Premiere Division del Belgio. 


Per cui possiamo tranquillamente affermare che la nostra Nazionale, oggi più che mai, non può prescindere dai giocatori “non formati” perchè le garanzie che offrono “quei 5” al Ct non sono le stesse che possono offrire la maggior parte dei “formati” sul piano internazionale. Tradotto in praticità, quando bisogna portare a casa il risultato si bada al sodo e non certo a fare gli esperimenti, che trovano il loro spazio nelle amichevoli alle quali Bellarte giustamente concede un maggior minutaggio a tutti i giocatori “formati” convocati. Tutto quello che si può dedurre lo lasciamo all’interpretazione di chi legge.


E GLI AZZURRINI? - E chiudiamo questa disquisizione parlando dei risultati della Nazionale Under 19, che l’articolo della Divisione esalta sottolineando il salto dal 20° al 7° posto nel ranking (ricordiamo che le finaliste degli ultimi Europei di Porec erano otto, così come lo erano quelle di Jaen del 2022: cosa c’è di tanto eclatante?). Sia chiaro: massimo rispetto per questi ragazzi che hanno onorato la maglia, massimo rispetto per le lacrime piante per la delusione dell’eliminazione subita per mano della Slovenia nella partita decisiva del girone di Porec; la dovuta e diremmo doverosa condivisione per le scelte del Ct… ma gli aspetti esposti nell’articolo avrebbero potuto rispecchiare ben altre dimensioni se solo il campionato Under 19 fosse stato organizzato con una formula diversa (che Calcio a 5 Anteprima sta chiedendo da tempo di adottare ritenendo inutile quella attuale), o almeno i giocatori che sono andati a comporre il roster azzurro avessero potuto beneficiare della considerazione delle rispettive squadre di club e di minutaggi più ragguardevoli nei campionati apicali, che si sarebbero tradotti in un maggior livello di formazione da poter fronteggiare squadre apparse più pronte della nostra per gli scenari internazionali, leggi la Polonia lo scorso anno e, appunto, la Slovenia in questo.


Che poi un Azzurrino, Alessandro Schettino, venga inserito nella Top5 dell’ultimo Europeo, non può far altro che piacere, perchè è la testimonianza diretta che il nostro futsal è assolutamente in grado di poter sfornare giovani talenti destinati ai palcoscenici maggiori. Ma la soluzione del problema è ancora lontana, troppo lontana, perchè la verità sta nel fatto che le metodologie che alimentano la nostra disciplina non sono in grado di procedere con quel processo formativo che può consentire ai nostri giovani di arrivare a competere con i coetanei delle federazioni più avanzate. E questo semplicemente perchè il percorso di formazione di un giovane italiano non si può ritenere completato e concluso al termine del biennio in Under 19. 


BISOGNA CAMBIARE - Così come non può reggere l’obbligatorietà per i club di partecipare al campionato Under 19 se non esiste una condizione di partenza che renda assolutamente imprescindibile l’attività di base, ossia il nucleo dove deve realmente iniziare il lavoro di formazione da parte degli istruttori sulle nuove leve, in maniera ancora più specifica per il calcio a 5, e creare quelle aggregazioni di giocatori che nel tempo diventeranno squadre e collettivi in grado di produrre il necessario ricambio generazionale che si realizza ciclicamente nelle altre discipline, calcio in primis.


Argomento sul quale avremo modo di approfondire la discussione e anche creare un dibattito che possa chiarire quelle che sono le reali opportunità da creare per attrezzare una filiera giovanile che va concepita ex novo e strutturata al di fuori delle influenze calcistiche che, oggi, sono un elemento condizionante e per certi versi deterrente allo sviluppo dei vivai della nostra disciplina. Partiamo da qui. Poi si potrà parlare, seriamente, di riforma. 


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