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06/02/2024 11:22

Il Marocco ha messo a nudo i problemi che la riforma non risolve: l'Under 19 è tutta di riscrivere!

https://www.calcioa5anteprima.com/admin/newshttps://www.calcioa5anteprima.com/admin/newsC’è una domanda, tra le tante, che il popolo degli osservatori delle vicende azzurre si è posto l’indomani della conclusione del tour in Marocco della nostra Nazionale (ma verrebbe meglio dire delle nostre Nazionali), più specificatamente indirizzata alle sconfitte arrivate nelle amichevoli “sperimentali” con l’Under 23 marocchina: perchè quei due risultati e, soprattutto, cosa c’è alla base di quei ko? Non tanto il primo, perchè comunque gli Azzurri-bis se la sono giocata alla pari per buona parte del match, perdendo poi per 5-3 solo per delle disattenzioni che i loro avversari non hanno perdonato; quanto il secondo, perchè sul 4-0 per il Marocco abbiamo percepito che il passo dei giovani nord-africani era superiore a quello dei nostri ragazzi, cosa che nel primo test non era apparsa granché rilevante, e questo nonostante la presenza in campo di “rinforzi” come Donin (autore del gol della bandiera) e Molaro.


E allora, chiediamo, che cosa ha realmente finito per fare la differenza? C’è un qualcosa nel modo di lavorare che ha permesso ai giovani marocchini di primeggiare? Ma, posta al contrario, la domanda da porsi è: che cosa non hanno i nostri ragazzi per riuscire a competere a livello internazionale? Cosa manca nel programma di lavoro che non permette ai giovani italiani di emergere e reggere la competizione con formazioni praticamente sconosciute come, appunto, quella del Marocco? Tra i quali giocatori solamente Boutraba (visto all’opera nella stagione 2020/2021 a Cassano in A2) e ultimamente Mohabz (ingaggiato a inizio anno dall’Italservice Pesaro) erano conosciuti nel Belpaese.


Sul modo di come portare avanti il lavoro non osiamo mettere bocca: non siamo allenatori, non abbiamo l’adeguata competenza per poter esprimere un parere, confidiamo nelle soluzioni adottate dai componenti dello staff tecnico azzurro che sicuramente hanno la preparazione pertinente per effettuare le scelte congrue. Ma sulla questione dell’organizzazione dell’attività giovanile, che da tempo consideriamo superficiale e non in linea con le necessità della disciplina, beh, lì vogliamo dire la nostra. Perchè siamo convinti che, per come è strutturata, la filiera del futsal giovanile non è assolutamente in grado, oggi, di produrre quei pezzi necessari per un ricambio generazionale che la riforma avrebbe dovuto prevedere in tempi brevi e che, invece, ha largamente disatteso.


Si dirà: perchè ce l’abbiamo con la riforma? Per un motivo semplice: ha fallito. Doveva rivoluzionare (in positivo) il futsal italiano, lo ha fatto totalmente in negativo, perchè gli effetti delle scelte istituzionali si sono riverberate completamente nei risultati fallimentari a livello internazionale delle selezioni azzurre e anche delle squadre di club (leggi la Feldi, battuta due volte ed eliminata nell’ultimo Elite Round di Champions). Siamo sempre stati convinti che il futsal giovanile italiano debba essere completamente riorganizzato partendo dalla base: è qui che la vera riforma andava attuata, creando prima le condizioni per un progressivo inserimento delle giovani leve nelle categorie apicali e poi spostando l’attenzione sulla ridefinizione delle regole per la partecipazione al gioco. Viene sempre più da chiedersi cosa ha spinto la governance oggi a viale Tiziano a imboccare questa strada rovinosa, che sta portando il nostro futsal ad un evidente dissesto sul piano della competitività e, soprattutto, a scadenti risultati sul piano della formazione.


E questo è un nuovo caso che ci porta ad affondare ulteriormente il coltello nella ferita dell’indiscriminato taglio dei giocatori “non formati”, la cui sistematica riduzione ha impoverito le opportunità di accrescimento tecnico dei nostri ragazzi, ai quali manca il confronto ”sul campo” con quei giocatori che hanno sempre apportato un quid di qualità indiscutibile al nostro futsal, formando quella spina dorsale che ha fatto le fortune della Nazionale e portato i colori azzurri a primeggiare tanto in Europa quanto nel globo. Questo il primo effetto della riforma: quando dal campo togli gli insegnanti il rendimento nell’apprendimento cala. E poi abbiamo il grande e autentico tallone di Achille di un campionato, l’Under 19 Nazionale, del tutto inutile, per come è organizzato, a dare soluzioni in divenire ai problemi del nostro futsal. Concentriamoci su questo aspetto.


Naturalmente, come ogni circostanza in cui abbiamo dovuto argomentare le motivazioni di quanto contestiamo, la base di partenza sono i numeri, in questo caso prodotti dal campionato nazionale Under 19 dopo la giornata andata in scena domenica 4 febbraio, numeri che si possono tranquillamente estrapolare dal sito della Divisione Calcio a 5. Ricordiamo che sono 191 le formazioni iscritte ripartite nei 19 gironi in cui è organizzato, di cui 10 svolgono attività di prima squadra nei comitati regionali: e questo dato già lascia intuire quanto enorme sia la dispersione di qualità su tutta la scena della Penisola, perchè per semplificare gli oneri logistici la concentrazione delle partecipanti in alcuni dei gironi (leggi Veneto e Nord Est, Lazio e Sicilia) viene fatta su basi territoriali ristrette, sviluppando calendari che si esauriscono nel giro di sei mesi e infarciti spesso di giornate di riposo visto che non tutti i gironi sono composti in maniera numericamente equivalente. Nel caso della Sardegna, poi, tutta l’attività della prima fase si sviluppa nell’ambito della regione e quindi non esistono quelle già minime opportunità di confronto extra-territoriali sul campo che magari in alcuni gironi ci sono.


Alla data del 4 febbraio sono state disputate 1312 delle 1315 gare in calendario. Di queste 501 sono state le partite che hanno prodotto vittorie con 5 o più gol di scarto, fatto che si è registrato nel 38% degli incontri giocati; ma sono state addirittura 196 le gare in cui la squadra vincente ha segnato 10 o più gol, arrivando anche a realizzare dei record (leggasi il 19-1 del Villorba sul Naonis, il 20-2 dell’Itria sul Senise, oppure il 21-2 sempre dell’Itria sul Latiano, per arrivare all’incredibile 30-1 della Meta sul Città di Gela, per di più in trasferta!). E queste partite rappresentano il 15% di tutte le gare andate in scena. Nel primo caso stiamo dicendo che quasi due partite su cinque di media sono terminate con scarti di 5 o più gol (si potrebbe anche procedere a conteggi più dettagliati, ma non ne ravvisiamo la necessità), nel secondo ogni poco più di sei gare una squadra è andata a segno 10 o più volte. 


Nei dati offerti dai singoli gironi riscontriamo che nel girone T, quello della Puglia e della Basilicata, ben 42 partite su 80 si sono chiuse con vittorie con 5 o più gol di scarto, ossia il 52,5% delle gare giocate; in questa classifica seguono ex-aequo il girone D (Veneto-Friuli), il G (Toscana) e l’I (Sardegna) con 34 partite su 70, pari al 49% mentre nel girone P, quello che accorpa Abruzzo, Molise e Campania ci si ferma al 47% (ossia 33 partite su 70). Percentuale che "scende" al 45% nel girone A ligure-piemontese (39 su 86) e nel gruppo L, dove militano squadre del Lazio e dell’Umbria, con 25 partite su 56. 


Sempre nel girone della Sardegna 23 partite sulle 70 giocate hanno visto le squadre imporsi segnando 10 o più gol: parliamo del 33% dei casi, ossia una partita su tre! A seguire il girone T appulo-lucano con una partita su quattro (21 sulle 80 totali, pari al 26%) mentre il girone P menzionato poco sopra si ferma al 21%, con 15 partite sulle 70 omologate. Una citazione per i gironi siciliani: sia nel V che nel gruppo Z una partita su cinque fa registrare vittorie con squadre che segnano almeno 10 gol, complessivamente 20 su 100 giocate; gironi che anche nel primo computo hanno toccato rispettivamente il 43% e il 41% delle partite concluse con vittorie con 5 o più gol di scarto. Nella graduatoria dei gironi dove si vince con scarti a doppia cifra ci sono ben 14 raggruppamenti dove la percentuale va dal 10% appunto al 33%!


Tutto normale in un campionato di simile importanza? E poi ci meravigliamo se da questa Under 19 escono giovani che non sono in grado di impattare tanto a livello nazionale e successivamente internazionale, se poi il loro grado di formazione è inevitabilmente limitato proprio dalla competitività dello stesso campionato, che invece dovrebbe completare il loro percorso di formazione inserendoli nei contesti delle prime squadre con ruoli già efficaci sul piano prestazionale? Assolutamente logico che la grande dispersione qualitativa per come è articolato il campionato Under 19 Nazionale non produce gli effetti che le società si aspettano e non solo quelle di primo piano. C’è anche da dire che non tutte possono poi contare su formazioni di vertice, come per esempio nel girone delle Marche dove primo in classifica c’è il Mondolfo, ma questo è un aspetto relativo ma certamente complementare con la necessità di dover ridefinire nella sua complessività l’organizzazione di questo campionato.


Ma non solo. Come detto la filiera va riorganizzata totalmente, attribuendo le dovute competenze gestionali, perchè è inammissibile che l’attività a livello Under 13, Under 15 e Under 17 sia coordinata dal Settore Giovanile e Scolastico, nazionale e dei singoli comitati regionali, così come l’Under 19 e l’Under 21 (campionato presente in taluni comitati), mentre la Divisione sviluppa una categoria nazionale che fondamentalmente produce molto poco rispetto alle aspettative. Perchè non porta a risultati e riscontri tangibili, non produce i giovani che servono alle società per completare i roster con elementi in grado di poter da subito pesare nelle soluzioni di gioco e, non ultimo, paradossalmente alimenta quel #futsalmercato di giocatori italiani e formati che di fatto ha condizionato le operazioni della stragrande maggioranza dei club di Serie A ed Elite portando alla lievitazione dei costi di ingaggio che, invece, la riforma avrebbe dovuto alleggerire. Il solito cane che, insomma, si morde la coda.


Questo, dunque, è il vero problema del nostro futsal che sarebbe dovuto essere alla falde della riforma e che invece la riforma non ha minimamente toccato. Bisogna lavorare sulla base, e anche bene, perchè altrimenti la famosa altezza tanto evocata nei discorsi istituzionali la vedremo col binocolo (sempre se la vedremo). Tralasciamo l’aspetto della riorganizzazione dei campionati giovanili sui quali torneremo in un nuovo approfondimento, consapevoli che l’argomento è uno dei temi centrali degli incontri che stanno tenendo le società di Serie A in proiezione della nuova stagione (e anche su questo avremo modo di allargare prossimamente il nostro discorso) e torniamo alla domanda di partenza: cosa ha in più la Nazionale Under 23 del Marocco rispetto alla nostra tanto da batterla due volte in due giorni? O meglio cosa non ha la nostra formazione giovanile rispetto a quella semi sconosciuta del Marocco tanto da - riprendendo il titolo di un post pubblicato nel sito della FMRF, la Federcalcio marocchina (vedi Gallery 1) - essere surclassata?


Risposte cercasi.


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